Gli Invisibili: Vita da Sound Engineer

Il fonico Gian Luca Cavallini ci racconta come viene progettato il sound di uno spettacolo.


Continua il viaggio di voolcano nel dietro le quinte dello spettacolo per conoscere meglio tutte le figure che vi lavorano. Gian Luca Cavallini, sound engineer, ci racconta la sua formazione, l’esperienza e le criticità del settore. Classe 1967, Gian Luca ha lavorato come fonico live con artisti come Elio e le Storie Tese, Vinicio Capossela, PFM, Cristiano De Andrè, Mannarino, Max Gazzè ed altri. Ha anche all’attivo 800 ore di docenze ed è stato titolare delle cattedre di acustica ed elettroacustica presso il Conservatorio Boccherini di Lucca.

Voolcano: Parlaci un po’ di te, come ti sei formato e come sei arrivato a fare questo lavoro.

Gian Luca Cavallini: Io nasco musicista, sono sempre stato appassionato di musica e di tecnologia legata alla musica. I miei primi lavori sono stati da programmatore di sintetizzatori più che da tecnico. Ad un certo punto mi sono reso conto che mi divertiva e affascinava l’aspetto tecnico dell’audio, in particolar modo tutto il settore degli spettacoli dal vivo. Il mio approccio, in un’epoca dove non esistevano corsi per questa professione, è stato legato allo studio su libri stranieri perché non c’era letteratura in italiano. Ho frequentato dei corsi di musica elettronica e poi ho fatto molta pratica. Ho imparato molto dal lavoro e ho sempre continuato a studiare, ancora oggi. Essendo questo un lavoro legato alla tecnologia e quest’ultima progredendo in maniera veloce bisogna aggiornarsi sempre. A volte si fa anche fatica a starci dietro. Da più di vent’anni lavoro quasi esclusivamente in tour musicali in ambito pop. 

V: Gian Luca fonico e Gian Luca docente, cambia qualcosa in te?

GLC: Insegno da molti anni, ma non l’ho mai considerata come la mia prima attività. Mi piace molto l’insegnamento e da un lato mi è venuto molto naturale. Dall’altro lato non mi piace tenere per me i saperi, ma credo nella condivisione.

V: Come si sviluppa un progetto, quali figure entrano in gioco?

GLC:  Cambia molto a seconda delle situazioni, ad esempio se si lavora per un tour o per uno spettacolo singolo. Questo lavoro quando si fa in contesti più grandi richiede più specializzazioni. Rispetto a venti o quindici anni fa sono cambiate molto cose rispetto a come si fa e a come si prepara questo lavoro. Quindici anni fa internet c’era ma non era quello di oggi, per cui il lavoro di preparazione era diverso. Il lavoro di preparazione era tutto segnato su un tourbook, ora ciò avviene tramite whatsapp. Se oggi la parte logistica è più semplificata quella di preparazione tecnica invece è più complicata. La tecnologia in uso era più semplice così come anche le strutture, oggi è più complicato e ci vuole una preparazione adeguata. Il lavoro tecnico viene preparato avviene già a casa con l’impostazione di un mixer digitale su un software.

Quasi sempre si smonta a fine spettacolo e poi si viaggia o verso casa o verso l’altra tappa. Non sarebbe auspicabile guidare dopo una giornata di lavoro di 16 ore ma spesso succede.

Una cosa fondamentale è la coordinazione soprattutto delle tempistiche. I tempi spesso sono stretti e il lavoro da svolgere complicato. Capita che in una giornata o anche meno si debba sistemare tutto il necessario per lo spettacolo. Oppure si va dai due/tre giorni di lavoro se lo spettacolo si svolge in un palazzetto. Oltretutto ogni cosa ha un costo quindi i tempi sono ristretti. Ad esempio per quanto riguarda la corrente elettrica ci sono carichi di centinaia di kilowatt, mentre un contatore di un appartamento è di solito di 3 kilowatt. Con quello noi non riusciamo ad accendere quasi nulla. Quindi i tempi vanno ottimizzati ma si tende a farlo troppo. Gli orari di lavoro sono spesso lunghissimi, sopra la normalità. La giornata di 8 ore nel nostro settore non esiste, è fatta dalle dodici ore in sù. Fondamentale diventa quindi il coordinamento tra i vari tecnici. Negli spettacoli più piccoli c’è più semplicità ma il sistema è il medesimo. 

Nella questione dei tempi c’è da considerare il viaggio. Se faccio una tappa secca a 900 km da casa non viene conteggiato il viaggio in Italia, mentre in altre parti del mondo sì. Quasi sempre si smonta a fine spettacolo e ci si può impiegare da 45 minuti fino a parecchie ore e poi si viaggia o verso casa o verso l’altra tappa. Non sarebbe auspiscabile guidare dopo una giornata di lavoro di 16 ore ma spesso succede.

V: Una panoramica della scena italiana e uno sguardo all’estero?

GLC: Parto da un antefatto: venti/venticinque anni fa c’era un divario enorme di preparazione e di capacità tra l’estero e l’Italia per motivi storici e non di capacità. Questo era dovuto al fatto che questo lavoro è nato in quei Paesi dove sono nati i primi grandi spettacoli, cioè Inghilterra e Stati Uniti. Negli ultimi anni, il divario si è affievolito, in Italia abbiamo oggi un livello professionale molto alto a volte più di altre realtà estere. Non abbiamo nulla da invidiare, ma ci sono differenze dal punto di vista organizzativo, di paghe e di legislazione del lavoro. In Italia le problematiche sono molto complesse e variegate per quanto riguarda il riconoscimento del lavoro come lavoratori dello spettacolo, questo avviene solo dal punto di vista previdenziale ma non esiste un riconoscimento ufficiale. Questo perché in Italia la classe politica per anni non ha considerato lo spettacolo come lavoro vero e proprio.

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