Women On Music: Intervista a Oriana Guarino

Abbiamo fatto due chiacchiere con Oriana Guarino, co-fondatrice di Indigo e Label Manager in Believe Music


WoM – Women On Music, la nostra rubrica dedicata alle donne che lavorano nel settore musicale, prosegue insieme a Oriana Guarino: cuore siciliano, music manager e digital specialist.

Voolcano: Ciao Oriana, parlaci un po’ di te.

Oriana Guarino: Sono una siciliana dai capelli rossi: idealista, tenace e perfezionista. A 30 anni ho cambiato vita e ho deciso di lavorare nell’industria musicale. Ho una formazione in Economia e Digital Marketing, interessi molto vari e una vocazione al cambiamento. Nel 2015 ho co-fondato lo studio Indigo e oggi sono Label Manager in Believe Music, leader nella distribuzione e marketing della musica digitale per artisti ed etichette indipendenti.

V: Sei più legata al tuo ruolo di music manager o a quello di digital specialist?

OG: La mia transizione al digitale è stata del tutto naturale e il mio attuale lavoro come Label Manager è la perfetta combinazione tra i due ruoli e le due anime. Ogni giorno collaboro con un grande numero di etichette discografiche, supportandole con strategie di crescita nel mercato della musica digitale, aiutandole a valorizzare le caratteristiche e l’unicità dei loro artisti, a costruire le audience sulle piattaforme e gli store digitali, e ad ottenere visibilità.

Negli ultimi 20 anni abbiamo vissuto un cambiamento importante, di cui internet ed il digitale sono stati il centro. Le nostre abitudini si sono trasformate e anche il modo in cui le persone si relazionano con la musica e utilizzano la musica per creare comunità. È innegabile che l’industria musicale sia diventata un po’ più democratica ed inclusiva e il digitale una vera risorsa, complementare alle altre.

V: Qual è il tuo primo ricordo musicale? Quali sono gli artisti che ti hanno influenzata di più?

OG: Il primo ricordo è il palcoscenico del Teatro Metropolitan di Catania e i saggi della scuola in cui mi facevano cantare. Mio padre cantava lirica, come suo padre, e a casa risuonava musica classica e cantautori italiani come Battisti, Battiato, Dalla, De Gregori, Mina, Mia Martini, e Modugno. Alle elementari mia sorella, più grande di 5 anni, mi regalò la prima cassetta dei R.E.M. “Out of Time”. Poi arrivarono Tracy Chapman, U2, Depeche Mode, Radiohead, Nirvana, Janis Joplin, Lou Reed e i Velvet Underground, i Blur. Penso che questa sia la musica che mi ha influenzata di più, internazionale e rivoluzionaria. Negli anni ho iniziato ad ascoltare di tutto, da Joni Mitchell a Damien Rice, da Fabri Fibra a Kendrick Lamar, dai Kraftwerk ai Daft Punk a Rosalía. Oggi ascolto almeno 7 generi diversi quotidianamente e non solo per lavoro.

Oriana Guarino di Believe Music
Scatto di Ramona Fernandez

V: C’è stato un momento esatto in cui hai capito che questa era la tua strada? Se sì, ce lo racconti?

OG: Più che un momento, una serie di eventi concatenati che determinano il futuro, un pò come nei film. Mi piaceva cantare, una sera mi sono esibita in un evento speciale, in quell’occasione ho conosciuto un musicista che aveva uno studio di registrazione, andai a trovarlo in studio e poi un’amica comune, una cantante, mi chiese di farle da manager. Insomma, come in tutte le cose della mia vita mi sono trovata in una situazione, ho intuito che era un’opportunità e mi sono lanciata.

V: Con quale formazione ti sei avvicinata a questo lavoro? Hai un consiglio da dare a tutti i giovani che vogliono intraprendere questa strada?

OG: Sono laureata in Economia e ho lavorato per diversi anni nell’export in altre industrie, dall’alimentare alla chimica. Quando sono arrivata alla musica, avevo una solida esperienza in termini di gestione di progetti, una forma mentis imprenditoriale e grande passione. Ho sperimentato dal basso, una gavetta in tutti gli ambiti principali della musica. Dall’organizzazione di concerti e eventi alle attività di gestione di una piccola etichetta discografica, la 800A Records di Palermo. Negli anni mi sono appassionata anche alla parte più creativa: organizzare shooting fotografici, seguire la produzione di un videoclip, lanciare la promozione di un nuovo disco o un tour. A poco a poco ho scelto di dedicarmi solo al management.

Il mio consiglio è cogliete ogni opportunità di formazione che si presenta, dai workshop alle esperienze sul campo. Poi, coltivatevi come persone, allargate l’ambito dell’esperienza oltre la musica. Stanno cambiando i mestieri, le professioni, e l’asset strategico rimarranno sempre le persone che sanno essere complesse in mondi complessi.

Questo momento di crisi legato alla pandemia, per me, non può che essere una pausa. Abbiamo il dovere di essere ottimisti. La musica come esperienza immersiva, vissuta insieme, non è sostituibile ed è fondamentale che si stabiliscano delle nuove regole per tornare al più presto dal vivo.

V: Cosa significa, per te, essere una music manager? Qual è l’aspetto che preferisci della tua professione?

OG: Il music manager è una figura che in Italia viene spesso confusa con altre, il personal o l’agente. Il manager nasce per supportare e rappresentare l’artista. Deve avere un’affinità di visione artistica, aiutarlo a compiere delle scelte importanti in tutti gli ambiti della carriera e a scegliere gli altri collaboratori. Insieme si stabiliscono degli obiettivi e sviluppano le strategie e le attività per raggiungerli. Presuppone una conoscenza approfondita e sempre aggiornata di tutti gli aspetti dell’industria, una certa dose di creatività, multitasking ed intraprendenza.

Inoltre, il manager non può essere tutto questo senza essere allo stesso tempo un buon coach. La strada del successo, in un contesto competitivo e in continuo cambiamento, è strettamente legata alla capacità di valorizzare le proprie caratteristiche e darsi degli obiettivi chiari quotidiani per non perdere grinta e coraggio. Serve di più, oltre il talento, per arrivare fino in fondo. Questa è la parte che mi piace di più.

V: Ora una domanda difficile. Se dovessi scegliere un solo album da ascoltare tutta la vita, quale sarebbe?

OG: L’unico modo per affrontare questa domanda è con leggerezza. Quindi mi faccio furba e scelgo “Last Summer Dance – live” di Franco Battiato. È una collezione di brani dal vivo, un disco per ballare e per pensare.

Scatto di Marco Manenti

V: Ad oggi, secondo la tua esperienza, esiste ancora un forte gender gap in questo ambiente? Cosa vuol dire essere donna nel settore musicale?

OG: Essere una donna nel settore musicale significa essere una minoranza. Trovarsi in contesti prevalentemente maschili, non solo in termini di numeri ma soprattutto di gestione, ed essere oggetto di un’infinità di stereotipi. La musica è uno specchio della società in cui viviamo. In realtà nel nostro settore c’è molto spazio di crescita per le donne, anche nelle professioni più tecniche, ma le donne percepiscono delle vere e proprie barriere all’ingresso, che per essere superate hanno bisogno di un impegno concreto.

Nella mia esperienza lavorativa in Believe Music, ho notato un cambiamento davvero significativo. Il nostro team è perfettamente bilanciato e il mio management è soprattutto femminile. Ho dunque degli esempi positivi a cui fare riferimento. C’è molta attenzione alle tematiche della parità di genere, a partire dalla selezione di donne talentuose. Il percorso nell’industria è ancora lungo ma bisogna continuare ad attrarre donne in questo settore e mostrare la leadership al femminile, far conoscere queste esperienze positive, invitando le professioniste a parlare in conferenze e eventi.

V: Ci racconti una canzone, un tour o un concerto a cui sei particolarmente legata?

OG: Sarei tentata di parlare di uno degli artisti con cui ho lavorato, ma in realtà un momento particolarmente bello è stato il concerto di un artista che amo molto e che considero molto generoso: Damien Rice. Nel 2015, il suo live al Teatro Antico di Taormina è continuato tra le strade del paesino con un piccolo gruppo di fan e musicisti, cantando e suonando insieme fino alle prime luci del mattino.

V: Se potessi tornare indietro, sceglieresti questo percorso? O avevi altri progetti per la tua vita?

OG: Io credo che il potenziale per una vita felice risieda ovunque. Non so se rifarei ancora lo stesso percorso ma la musica non mancherebbe mai nella mia vita, tornerebbe per altre vie.

V: Come vedi il futuro della musica e dei concerti live?

OG: Per quanto riguarda la discografia, il modello dello streaming diventerà ancora più importante per la promozione e si troveranno nuovi modi per distribuire il valore economico delle produzioni e creare maggiore sostenibilità per gli artisti. C’è ancora tantissimo spazio di evoluzione ed è forse appena l’inizio.

Per quanto riguarda invece il mondo dei concerti, questo momento di crisi legato alla pandemia per me non può che essere una pausa. Abbiamo il dovere di essere ottimisti. La musica come esperienza immersiva, vissuta insieme, non è sostituibile. Forse l’offerta di musica live in streaming aumenterà, ma è fondamentale che si stabiliscano delle nuove regole per tornare al più presto dal vivo.

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