Veste di nero, setta gli strumenti degli artisti e cabla le linee audio ed elettriche sul palco: è il backliner. Emilio Simeone ci racconta il lavoro invisibile dei tecnici dello spettacolo.
Li abbiamo visti insieme ai loro bauli in piazza Duomo, sono i tecnici che lavorano nel mondo dello spettacolo. Vestiti di nero come il loro simbolo non per rappresentare un lutto ma perchè è il colore che non deve essere notato, il colore degli invisibili dello spettacolo. Lo spettatore non sempre è a conoscenza di tutte quelle che sono le figure professionali che con il proprio lavoro contribuiscono a far sì che quel concerto si svolga. Il nostro viaggio dietro le quinte del mondo musicale inizia dalla figura del backliner con un’interessante chiacchierata con Emilio Simeone che fa questo mestiere da vent’anni.
Voolcano: Parlaci un po’ di te, come ti sei formato e come sei arrivato a fare questo lavoro.
Emilio Simeone: Sono Emilio, ho 45 anni e sono un backliner. Ho iniziato venti anni fa dando una mano a gruppi musicali di amici. Fino ad un certo punto della mia vita ho sempre fatto il musicista, questo mi ha portato a dare una mano guidando il furgone, scaricando gli strumenti e aiutando al merchandising. Ad un certo punto ho iniziato a collaborare con band di amici che facevano concerti anche all’estero, da lì ho cominciato a fare altri lavoretti fino ad arrivare a lavorare per il tour europeo di Sananda Maitreya nel 2000. Da lì ho conosciuto sempre più persone fino a diventare un freelance e accettare lavori da più clienti. Sono una ventina di anni che lavoro anzi lavoravo, visto che adesso è tutto un po’ fermo causa Codiv (n.d.r.), con produzioni italiane e quando possibile per festival internazionali e qualche band straniera.
V: Se dovessi descrivere ad una persona che non è del settore di cosa si occupa il backliner come gli diresti?
ES: Il backliner o tecnico degli strumenti, è quella persona che si occupa di montare, accordare ma durante un tour il backliner è anche un tecnico del palco che si occupa di microfonare e dare assistenza ai musicisti che segue.
V: Come si sviluppa un progetto, quali figure entrano in gioco?
ES: All’interno della squadra di lavoro che si occupa di uno spettacolo dal vivo il backliner si colloca sul palco quindi collabora con la famiglia dell’audio e con la famiglia dell’audio del palco. Il mio cliente principale in Italia è il noleggiatore del materiale audio e non la produzione del musicista ma non sempre. Il tecnico di palco collabora con tutti quelli che si occupano del palco appunto cioè con l’ingegnere del suono e il suo assistente, il fonico di sala e il suo assistente e altre figure altamente specializzate presenti in contesti più grandi.
V: Un consiglio ad un giovane ragazzo/ragazza che vorrebbe entrare in questo settore.
ES: Non farlo, ride (n.d.r.). In questo momento, in cui noi non abbiamo più un lavoro, è giusto sottolineare che stiamo assistendo ad un momento di grossa crisi che potrebbe e dovrebbe secondo me portare non ad una ripartenza ma ad una rinascita. Rinascere vuol dire cercare di essere più formati possibile e di avere più informazioni possibili su questo lavoro, sulle modalità di svolgimento, sulla strutturazione dei contratti lavorativi e sui diritti come lavoratore. Appurato questo bisogna formarsi, specializzarsi ed avere più certificazioni possibili. Io mi auguro che questo avvenga in modo da non avere tecnici guidati dalla passione ma guidati dal sapere.
Consiglio di vagliare i corsi tenuti da docenti rinomati e crearsi una rete perché è un lavoro che si basa su referenze.
V: Una panoramica della scena italiana, pregi e difetti, e uno sguardo all’estero?
ES: La scena italiana non ha niente da invidiare a quella europea tranne che per la questione dell’inquadramento lavorativo. Da un punto di vista metodologico il lavoro è uguale per tutti, spezzando una lancia a favore di noi italiani posso affermare che siamo persone che si danno da fare. La differenza che vedo è all’interno del macro-sistema di questo settore, cioè l’approccio in un contesto più grande come può essere quello mondiale.
IL CONSIGLIO
E’ importante formarsi, specializzarsi ed avere più certificazioni possibili, in modo da non avere tecnici guidati dalla passione ma guidati dal sapere.
V: Alcuni progetti a cui hai lavorato di cui vai fiero?
ES: Sicuramente vado fiero di aver lavorato con Elio e le storie tese, che tra l’altro è stata una delle mie prime esperienze, perché è stato un ambiente di lavoro meraviglioso. É stato come avere una famiglia fuori da casa che ti fa piacere sapere che esiste.
Gli ultimi due anni li ho passati con Ultimo, è stato bello vedere l’ascesa di questo ragazzo incredibilmente dotato che è passato in un paio di anni da piccoli palchi come i club a riempire gli stadi. É stato bello professionalmente seguire il suo tour perchè quando vedi qualcuno che brilla in maniera eccezionale è bello mettere il proprio know-how a disposizione.
Un’altra esperienza interessante è stato seguire il tour europeo del gruppo The Aristocrats, una band jazz-fusion strumentale. Ogni componente della band è tra i migliori al mondo nel suonare il proprio strumento e quando vedi sul palco dei mostri sacri della musica con un atteggiamento semplice non puoi non essere fiero di lavorarci.
V: L’imprevisto più strano che ti è capitato?
ES: Ne succedono di tutti i colori, figurati in vent’anni di lavoro. Una volta nello scaricare tutti i bauli con la strumentazione ci siamo resi conto di averne lasciato uno nella città che ospitava il live precedente a 300 chilometri di distanza. Capitano spesso episodi abbastanza divertenti.
V: Parliamo di “Bauli in Piazza”, un commento a caldo sulla manifestazione e un tuo spunto di riflessione per uscire da questo momenti di impasse.
ES: Bauli in piazza è stata una manifestazione meravigliosa, è stata la dimostrazione della capacità della nostra categoria di fare delle cose incredibili. “Bauli in piazza” è un collettivo di sette persone che in meno di un mese si sono messi in testa di replicare quegli eventi organizzati in tutto il mondo sotto l’hashtag #Wemakeevents.
Alla manifestazione in Piazza Duomo c’erano più di 500 bauli ma so che erano presenti più di 700 persone. Il tutto si è svolto con lo stile, il rigore e la grazia che ci contraddistingue. Senza fare rumore in piazza si sono posizionati 500 tecnici vestiti di nero non perchè sono a lutto ma perchè il nero è il nostro colore perchè quando lavoriamo dobbiamo essere invisibili. È stata la dimostrazione di come noi tecnici siamo capaci di organizzare e lavorare nel pieno rispetto delle regole senza urlare e senza protestare per costruire qualcosa di molto bello e toccante. Insieme ai 500 bauli neri ce n’era uno rosso con una rosa dentro che simboleggiava tutti quei lavoratori del settore che non ci sono più.
La manifestazione ha creato un po’ di rumore, che è servito e servirà per far sì che qualcuno si accorga di noi. È stato un passo avanti nel far notare che noi sappiamo fare le cose nel pieno rispetto delle regole, cosa che abbiamo visto in altri ambienti non accadere.
Non dimenticatevi di noi tecnici dello spettacolo. Ai lettori di questo mag e a chi ama andare ai concerti chiedo di avere una sensibilità verso chi lavora da anni e lo fa per davvero anche se non è riconosciuto in una categoria e viene considerato come un hobbista. Il nostro lavoro non è un hobby, io lo faccio da vent’anni e ci pago il mutuo, l’affitto e le tasse. Vi ringrazio per avermi dato la possibilità di raccontare il nostro lavoro alle persone.
Foto di Andrea Cherchi